Vajont
“Solo una fresca brezza e la luce della luna, nient’altro. La piazza di Longarone non c’era più, si vedeva solo fango”. Questo il ricordo impresso nella mente di Silvio Mezzari, all’epoca alpino, uno tra i primi ad arrivare in quella che era la piazza di Longarone. “Una catastrofe umana, la natura non c’entra niente. Colpevoli sono la superficialità e gli interessi delle persone e delle imprese coinvolte”. Questa l’accusa di Italo Filippin, uno dei pochi superstiti. “La diga è un’opera d’ingegneria straordinaria, infatti ha resistito all’impatto. L’errore è stato quello di non aver considerato la fragilità dei versanti delle montagne sopra il bacino artificiale” secondo l’analisi di Giorgio Temporelli, un esperto di dighe e autore di un libro sulla vicenda.
Il silenzio ha per molti anni accompagnato i fatti del Vajont: il silenzio delle vittime, ma anche dell’informazione. Il disastro della diga era una vergogna nazionale, parlarne era tabù. Il Film Festival ha voluto dedicare al Vajont una piccola retrospettiva con filmati d’epoca e testimonianze per ricordare quella tragedia di 50 anni fa.