LE MANI DEL FESTIVAL
Dalla Cooperativa Oltre il Forno del Carcere di Montorio ogni mattina arriva il pane del Festival. Mani che lo preparano, come le tanti mani che con il proprio lavoro rendono possibile questo piccolo miracolo in Lessinia. Volontari appassionati. Qui si crede in un sogno che viene coltivato tutto l’anno per illuminare i giorni del Festival. Mani generose, come quelle dei fruttivendoli greci raccontati da Dimitris Koutsiabasakos. Sulle montagne del Pindo, i due venditori ambulanti con il loro camioncino diventano confidenti, postini e medici per gli anziani rimasti in questa terra che l’urbanizzazione ha violentemente spopolato. La difesa della propria terra ritorna, come filo che unisce le storie presentate del Festival. Quelle di uomini e donne che nella foresta ecuadoregna inventano una frontiera di piante di fiori per proteggersi dall’espansione distruttiva delle compagnie petrolifere. Jacques Dochamp ha conosciuto José Gualinga in Belgio e con lui ha raccontato la storia di questi indios che prendono coscienza e diventano protagonisti del loro futuro. Fernando Roveda, dal Brasile, racconta il “talian” che gli immigrati italiani parlano e difendono come patrimonio prezioso del loro legame con la terra da cui sono partiti per costruirsi un futuro, con mani di fatica. E poi ci sono le grandi mani boliviane della tenda che Benjamin Oroza ha installato nel mercato di El Alto per raccogliere le voci dei tanti senza nome di questa enorme e povera città. Giorni, volti e mani che non dimenticheremo.
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